Ciao a tutti. La pillola di oggi è l’esempio lampante di come un fotografo possa realmente svelare l’essenza del soggetto ritratto.
Di come si possa raccontare in una immagine il mondo in cui ruota la vita del soggetto. Certo è che, quando il personaggio da ritrarre è niente meno che il famoso pittore surrealista Salvador Dalì, questo non è propriamente un compito semplice.
Ma partiamo dall’inizio. Innanzitutto il fotografo, autore di questo scatto famosissimo, è l’americano Philippe Halsman. In realtà Halsman nacque in Lettonia, più precisamente a Riga nel 1906. Halsman non ebbe una vita proprio semplice, fu addirittura incarcerato con l’accusa dell’omicidio del padre. In galera contrasse la turbercolosi. Fu grazie all’intervento della sorella Liouba con l’aiuto di un certo Albert Einstein se venne scarcerato dopo appena due anni di reclusione.
Halsman era convinto che un fotografo dovesse catturare la vera essenza del soggetto ritratto. E per tirare fuori l’autenticità dei soggetti, Halsman inventò una tecnica che chiamò Jumpology in cui riprendeva i soggetti mentre saltavano. Era convinto che durante il salto i soggetti fossero concentrati sull’azione del saltare e quindi meno concentrati sul fotografo.
Con questa tecnica, Halsman ritrasse moltissimi personaggi famosi tra cui le attrici Marilyn Monroe (bellissima come sempre), Audrey Hepburn, Grace Kelly nonché Richard Nixon e il Duca e la Duchessa di Windsor.
Ma veniamo all’incontro tra Halsman e Dalì, da cui nacque una profonda amicizia da cui scaturirono, oltre a questa, moltissime altre foto di Dalì. E fu proprio questa amicizia, iniziata all’inizio degli anni ‘40 a portare alla realizzazione di questa foto, realizzata nello studio newyorkese di Halsman nel 1948. Ovviamente arrivare a questa immagine non fu un’impresa semplice, tutt’altro. Richiese un lungo e paziente lavoro, durato sei ore, nel quale Halsman, sua moglie Yvonne e sua figlia Irene e un suo assistente, fecero numerosi tentativi di lancio dei gatti e del getto d’acqua. Fu necessario per il fotografo dettare i tempi per il lancio dei gatti e del getto d’acqua. E soprattutto per il salto di Dalì.
Alla fine si resero necessari ben 26 lanci, di cui si occupava la figlia e l’assistente mentre la moglie reggeva la sedia in alto tenendola per le gambe.Nella foto non modificata (eh sì, la “post-produzione” fotografica esiste da ben prima dell’invenzione di Photoshop) si vedono i fili che tengono sollevati i quadri e il cavalletto.Un lavoro corale, complesso, sicuramente ben progettato e studiato.
Ma il risultato, come possiamo ben vedere è una Fotografia stupenda che decisamente ben rivela la vera essenza di Salvador Dalì.
E noi amanti di Fotografia, così come tutti gli appassionati d’arte non possiamo non ringraziare tutto “lo staff” per aver perseverato alla ricerca della perfezione. O quantomeno di un risultato prefigurato.
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