
Ciao a tutti e benvenuti a questa Pillola di Fotografia speciale. Speciale perché racconta uno dei più gravi fatti di cronaca italiana dopo la fine del secondo conflitto mondiale, anche se sfortunatamente non sarà l’ultimo.
Il sottoscritto, all’epoca dei fatti, precisamente il 23 maggio 1992, era ancora alle prese con i libri di scuola. Era un sabato, casualmente come lo è oggi.
La mafia aveva colpito duro, durissimo, contro uno dei più importanti rappresentanti dello Stato, quel giudice Giovanni Falcone che così tanto si era impegnato, con i suoi colleghi nella lotta alla mafia. E i risultati che stavano raccogliendo erano decisamente importanti se la struttura criminale decise di porre fine in maniera così plateale e distruttiva alla vita di una persona che evidentemente era considerata un nemico pubblico.
Ma per sferrare un attacco così potente a un nemico, addirittura far esplodere un pezzo di autostrada al passaggio del giudice e degli uomini della sua scorta, la mafia voleva sicuramente lanciare un messaggio forte contro lo Stato nella sua interezza, ovvero Istituzioni e Cittadini. Il messaggio era sicuramente più o meno questo: la mafia è ancora potente ed è ben lontana dall’essere sconfitta e questo atto serve proprio a dimostrarvelo.
L’attentato si compie, come detto, il 23 maggio 1992, ventotto anni fa ad oggi, mancano pochi minuti alle ore 18. Il giudice Giovanni Falcone, la moglie e gli uomini della scorta, tre agenti di polizia, Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro. Stanno transitando sull’autostrada A29 sul tratto che dall’aeroporto di Punta Raisi porta a Palermo quando un carico di 500 chili di tritolo viene fatto saltare in aria. La deflagrazione devastò l’asfalto a pochi metri dallo svincolo di Capaci. Secondo uno dei pentiti di mafia, l’esplosivo usato per confezionare l’ordigno fu raccolto da un pescatore al largo e faceva parte di alcuni ordigni risalenti alla Seconda Guerra mondiale e rimasti inesplosi.
In questo terribile attentanto ci furono anche dei sopravvissuti, gli agenti Paolo Capuzza, Angelo Corbo, Gaspare Cervello e l’autista giudiziario Giuseppe Costanza. Furono in totale 23 i feriti dell’attentato, fra questi coloro che si trovavano a bordo delle auto vicine alle blindate di Falcone e della sua scorta.
La vettura distrutta nell’attentato è custodita in un’enorme teca di vetro nei cortili della Scuola di polizia penitenziaria a Roma.
Ad azionare il telecomando a distanza che innescò l’esplosione fu Giovanni Brusca, l’uomo che uccise e sciolse nell’acido il piccolo Giuseppe Di Matteo, figlio di un pentito.
Per l’attentato del 1992, resta accertata la responsabilità, tra gli altri, dei due superboss Totò Riina e Bernardo Provenzano.
Chi è l’autore della fotografia usata per questa Pillola? Il suo nome è Franco Zecchin, milanese classe 1953. nel 1975 si trasferisce a Palermo, dove diventa fotografo professionista, lavorando sulla mafia, la corruzione politica e le condizioni sociali in Sicilia. Nel 1977, con Letizia Battaglia, crea il primo Centro Culturale per la Fotografia situato nel Sud Italia e, nel 1980, è tra i fondatori del Centro di Documentazione contro la Mafia “G. Impastato”. Fa teatro e realizza film all’interno dell’ospedale psichiatrico di Palermo. Dal 1987 è direttore responsabile del mensile di cultura e politica “Grandevù” edito a Palermo.
Come abbiamo visto Zecchin collaborerà con un’altra grande Fotografa, Letizia Battaglia che ricorderete senz’altro per essere l’autrice della fotografia della seconda Pillola che ritrae, ma tu guarda che combinazione (fortemente voluta), la vedova di uno degli uomini della scorta di Falcone, l’agente Vito Schifani. Vi ricordate la Pillola? La potete leggere qua: http://www.marcoscotto.eu/2020/03/24/pillola-di-fotografia-2-rosaria-schifani/
Bene. Anche per oggi è tutto.
Alla prossima Pillola di Fotografia.
Ciao!
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