Parte 1: Costruire un archivio duraturo.

Ciao a tutti e benvenuti a questa serie di mie personali dissertazioni sull’importanza di stampare le proprie fotografie.
Può sembrare un argomento banale da affrontare e invece non è mai stato così importante stampare le proprie fotografie come lo è oggi.
Facciamo un piccolo preambolo. Chi, come il sottoscritto è nato e cresciuto ben prima dell’avvento delle fotocamere digitali, ricorderà sicuramente tutti i momenti più imbarazzanti in cui si andava, con la famiglia a fare le vacanze o anche semplicemente durante una festa di compleanno di qualche parente. E cosa accomuna tutti questi (e altri) eventi simili? Ma ovviamente la presenza dell’immancabile macchina fotografica. Che fosse vostro padre (come nel mio caso) o qualsiasi altro parente/amico, tutte queste occasioni erano infarcite di fotografie più o meno ben riuscite, più o meno volute e, spesso subite (scherzo).
Grazie a questo immancabile accessorio, oggi io, e altri milioni di persone, possiamo riportare alla mente momenti ormai passati (da decenni in taluni casi) grazie a quel rettangolo di carta che corrisponde alla stampa della fotografia.
Prima del digitale e dell’immagine immediata, prima di poter vedere il risultato dell’estro artistico del fotografo di turno dovevamo aspettare un tempo imprecisatamente lungo. Era il tempo che intercorreva dal momento in cui si scattava la foto, si terminava il rullino, lo si portava il rullino a sviluppare fino al momento in cui si ritiravano le stampe.
O, per chi era in grado di farlo, aspettare che il rullino venisse sviluppato e le foto venissero stampate, usando il bagno di casa come laboratorio fotografico, che ovviamente diventava inutilizzabile proprio nei momenti di estrema necessità e urgenza. Ma tant’è.
Il risultato finale era comunque il medesimo. Ci si sedeva tutti insieme e si guardavano le foto. Ovviamente all’epoca non c’era Internet, non c’era l’alienazione da social network. Al massimo c’era la televisione che però veniva spenta o zittita per poter procedere al rito della visione delle stampe.
E immediatamente partivano una serie di reazioni che andavano dal divertito, al furioso a seconda del momento colto dal fotografo. Erano momenti in cui si costruivano memorie collettive indelebili. Bei momenti di socialità familiare.
Come ho detto, mio padre era il “fotografo” di casa, nonché colui che occupava il bagno a tempo indeterminato per sviluppare i rullini (fortunatamente a casa abbiamo due bagni). Ed è forse anche grazie a lui che in me è nata la passione per la fotografia. Nel corso dei decenni, mio padre avrà scattato decine di migliaia di fotografie di famiglia, di viaggio, del mio primo giorno di scuola e così via. E personalmente sono molto geloso di questo archivio fotografico che un giorno, spero ancora ben lontano, passerà di mano a me, a mio fratello e a mia sorella. Così come mio padre lo ha ricevuto da suo padre a dai parenti…
Ma con l’avvento delle fotocamere digitali prima, delle fotocamere nei cellulari sempre più perfomanti poi, il numero delle fotografie stampate è calato drasticamente, rispetto a quelle scattate che, invece, com’era intuibile, è esponenzialmente aumentato.
C’è sempre una nicchia di fotografi, amatori o professionisti, che continuano a lavorare esclusivamente in “analogico” ma è, appunto, un numero esiguo rispetto agli “scattatori di fotografie” digitali.
Ora, l’aumento delle foto che ogni giorno vengono scattate, soprattutto con i moderni smartphones è immenso. Si stima che solo su Instagram vengano caricate, quotidianamente, qualcosa come 95 milioni di fotografie. Un’enormità. Sono foto, come le definisce qualcuno, a consumo immediato. Date cioè in pasto ai social media per i follower dei singoli account. Insomma, la stragrande maggioranza di queste fotografie non hanno più la funzione di generare memoria, sia personale, che collettiva, ma semplicente, il più delle volte, soddisfare il nostro ego in cambio di qualche “like”.
Ma, al netto di queste foto a consumo immediato, oramai utilizziamo gli smartphones (veri protagonisti della rivoluzione fotografica digitale) anche per le tradizionali foto familiari, per gli eventi che solitamente andavano a riempire decine e decine di album di famiglia in cui chiunque poteva andare a rivedersi com’era uno, dieci anni prima. O anche appena nato.
Ora, invece, le fotografie non solo non vengono più stampate, e quindi inserite negli album, ma vengono archiviate, spesso dimenticate, nelle schede di memoria dei nostri smartphones o negli hard disk dei nostri computer. Spesso tutte insieme, indistintamente, disordinatamente, nella cartella Immagini. Centinaia di migliaia di “ricordi” che vengono dimenticati in supporti digitali tutt’altro che eterni.
Certo, viene subito da pensare, neanche le foto stampate sono “eterne”. Ma di certo hanno un’aspettativa di vita decisamente più lunga.
Chi di noi, infatti, non ha ancora, in qualche cassetto di casa, vecchie foto di qualche parente che oramai non c’è più? Magari ormai scolorita, persino consumata o danneggiata dal tempo, o dal pessimo trattamento di sviluppo e stampa? Credo che poche persone possano affermare di non possedere almeno una foto stampata vecchia più di dieci anni e, in alcuni casi, anche ormai del secolo scorso. E così, indietro nel tempo, a seconda dell’età di chi le possiede.
Insomma le foto stampate stanno dimostrando, coi fatti, di avere un’aspettativa di vita ancora molto lunga.
Di sicuro questo non si può dire per moltissime delle foto “digitali”. E non parlo delle fotografie a consumo immediato, quelle destinate esclusivamente alla pubblicazione su qualche social network.
Molte di queste foto sono morte con il cambio dello smartphone o con il cambio del computer. Andate, irrimediabilmente perdute. Eh sì perché sappiamo bene che la tecnologia corre veloce e richiede aggiornamenti sempre più frequenti. Spesso annuali. Quanti, prima di cambiare computer o smartphone, si ricordano di copiare i dati in esso contenuti e, soprattutto le fotografie? Penso pochi. Ma così facendo queste fotografie, questi tasselli di memoria personale, collettiva e storica vanno immediatamente, e irrimediabilmente, perduti. E, di coloro che si ricordano di copiare questi dati, e salvarli dall’oblio, quanti si ricordano di fare un regolare aggiornamento delle copie su supporti più moderni e robusti? Credo che il numero sia ancora inferiore rispetto al precedente.
E aggiungo.
Oltre alla nostra personale mancanza di volontà di conservare e di preservare questo immenso patrimonio fotografico c’è anche da considerare la fallacità della tecnologia. I supporti di memoria digitali, dai vecchi cd/dvd (quanti di voi nel proprio computer nuovo fiammante ha un lettore di questi supporti?) alle moderne schede di memoria per smartphones, ma anche per le nostre fotocamere digitali sono spesso soggetti a guasti improvvisi, siano essi causati da difetti di fabbrica o da errato utilizzo da parte nostra. Quante volte avete sentito parlare di computer guastati da sbalzi di corrente dovuti da blackout che durano pochi secondi, sufficienti però a danneggiare i nostri hard disk? O di smartphones caduti in acqua e danneggiati? Succede, e non di rado. E così, i dati contenuti in questi supporti, tra cui le nostre preziose foto vanno irrimediabilmente persi. Certo, ci si può provare a rivolgere a centri di recupero dati specializzati, ma con costi decisamente alti.
Mi capitò, qualche anno fa, quando ancora gestivo un negozio di fotografia, che entrasse una cliente disperata perché aveva rotto il cellulare con dentro tutte le fotografie del proprio figlio, sin dai primi giorni di vita. Anni di fotografie perdute. Provate a immaginare. Questo bambino potrà, un giorno, quando sarà grande, sapere che faccia avessero i suoi genitori quando erano piccoli. Che vestiti indossassero. Ma non potrà ricordare lui, che faccia avesse appena nato, che vestito indossasse al suo primo compleanno. E così via. La memoria storica personale cancellata per una banale, involontaria, distrazione della madre.
Vedete? Banalmente, le foto stampate su carta potranno essere tramandate da questo bambino ai suoi figli e ai figli dei suoi figli. Ma non le sue. Perse per sempre.
Ma anche le foto stampate hanno una “data di scadenza”, viene da dire. Certo, verissimo. Ma, a differenza di un supporto digitale, una foto su carta può essere fotocopiata, riacquisita digitalmente e ristampata donando all’immagine in essa contenuta una nuova vita. Una sorta di elisir di lunga vita, di immortalità. Può persino essere rifotografata.
Può essere restaurata, esattamente come avviene per le opere d’arte danneggiate dal trascorrere del tempo. E, magari, un domani, queste foto saranno trovate dai futuri archeologi che, esattamente come oggigiorno per scoprire nuovi tasselli del nostro passato, useranno questi frammenti di carta per ricostruire il passato, i volti, le usanze, i costumi, delle persone che li hanno preceduti. Ma, ben presto, questi archeologi del futuro si accorgeranno che c’è un vuoto. Dovuto alla mancanza di fotografie stampate in quest’epoca digitale e delle foto a consumo immediato.
E allora, vi chiederete – e mi avvio a concludere -, dobbiamo stamparle proprio tutte le fotografie che scattiamo?
Diciamo che sarebbe interessante osservare la nostra reazione, a distanza di qualche anno, soprattutto sei siamo fanatici dei selfie. Probabilmente ci prenderemmo noi stessi per pazzi e ci chiederemmo come siamo arrivati a uno stato di autoscatto compulsivo. Ma rappresenterebbe per noi un importante archivio emozionale.
Per come la vedo io, non ha senso stamparle tutte, soprattutto perché col digitale siamo abituati a scattare anche decine di foto con lo stesso soggetto. Ma allora dovremmo essere capaci, di tanto in tanto, di sederci davanti al computer e prenderci del tempo per organizzare tutte le foto che abbiamo realizzato. Già sarebbe un buon inizio raggrupparle e catalogarle con un metodo che ci aiuti a individuare le foto in mezzo a un mare magnum di immagini. Ad esempio: foto del viaggio a…; compleanno di…; laurea di… Oppure, ancora, raggruppare le foto in base alle persone ritratte, o ai luoghi in cui sono state scattate e via discorrendo. Organizzare le fotografie come se fosse l’indice di una biblioteca, così da poter sapere, un domani, dove trovare una determinata foto. E poi, una volta terminata questa operazione, che può essere portata avanti a più riprese, selezionare per ogni categoria, quella che riteniamo più importante, o che ci comunica/riporta alla mente delle particolari sensazioni o emozioni.
Oggigiorno è più economico di un tempo stampare le fotografie. Ci sono tanti servizi di stampa on-line che offrono sconti in base alla quantità di foto stampate. Ma ancora meglio sarebbe andare in un laboratorio fotografico tradizionale e portare i files da stampare. Un professionista saprà darvi consigli sensati su come migliorare una foto a cui tenete in modo particolare ma magari è troppo scura o troppo luminosa e non si vede il dettaglio che vi interessa…
Non trascurerei neanche l’opzione di acquistare una stampante fotografica e stamparle in casa. Oggigiorno le moderne stampanti a getto di inchiostro hanno raggiunto una qualità di stampa davvero notevole e con l’avvento degli inchiostri in serbatoio ricaricabile anziché nella tradizionale cartuccia usa e getta. Ricordate che, a meno che non siate professionisti o amatori evoluti che hanno necessità di qualità (o supporti) di stampa particolari, lo scopo ultimo di stampare le foto è quello di avere un ricordo su un supporto duraturo e facilmente riproducibile in futuro.
Bene. L’argomento stampa fotografica è decisamente molto ampio da trattare. Come avrete visto da questo articolo. Ma ci sono anche altri motivi percui dovreste stampare le foto. Per questo motivo ci saranno altri articoli in merito.
A presto. E, se avete trovato interessante l’articolo, fatemi sapere i vostri pensieri in merito. Magari potreste accorgervi che ho saltato qualche argomento importante o fornirmi spunti per altri articoli.
A proposito, se trovate strafalcioni grammaticali, scusatemi anticipatamente. Ho letto e riletto più volte l’articolo ma non sono uno scrittore professionista quanto piuttosto un appassionato di fotografia che ha sentito la necessità di condividere con quanti avranno il piacere di leggerlo i propri pensieri su un argomento che ritenevo importante affrontare.
Alla prossima!
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